È il titolo che ho dato ad un breve racconto con il quale ho partecipato ad una rubrica di scrittura intitolata #scrivereinautunno
Le regole erano quelle di scrivere immaginando il/la protagonista seduto in una caffetteria che osservava fuori dalla vetrata le foglie secche che svolazzando seguono il vento.
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Tornare in quel luogo, soprattutto d’autunno, gli riportava alla mente meravigliosi pomeriggi trascorsi con i ragazzi del posto a raccogliere castagne, in cerca di funghi o semplicemente a calpestare nel bosco le foglie rinsecchite cadute dai rami, quando, le preoccupazioni erano solo degli adulti, le raccomandazioni le ascoltava con un’alzata di spalle e il suo unico desiderio era quello di assaporare le invitanti labbra di Sarah, la figlia di Marta, la migliore amica di Diana sua madre.
Ma lui, per lei, era solo uno dei tanti conoscenti. Sarah dava a tutti i ragazzi poca confidenza, si dedicava quasi esclusivamente allo studio, alla raccolta fondi per la casa anziani che sua madre gestiva e difficilmente si lasciava convincere ad andare a bighellonare in giro. Era sempre così impegnata, così seria, così lontano dal suo mondo che George non aveva quasi il coraggio di avvicinarla se non fosse stato per quelle volte che lei accompagnava la madre a far visita alla sua e lui si trovava per puro caso tra le mura domestiche. Quelle visite erano per lui momenti di pura gioia, poterla guardare anche solo di nascosto, imprimersi nella mente ogni suo minimo dettaglio, ascoltare il suono melodioso della sua voce quando veniva interpellata dalle domande di Diana e lei si accalorava nel raccontarle dei suoi innumerevoli impegni.
Sarah, sembrava non rendersi conto di quanto fosse bella, di quanto la sua innata grazia lo incantasse e di come il suo sorriso aveva il potere di illuminare anche la più cupa delle giornate. Aveva addosso i colori dell’autunno. Morbidi capelli lunghi del colore delle castagne trattenuti dal cerchietto arancione come le foglie appena cadute, occhi verdi come gli aghi dei pini sempreverdi ombreggiate da folte ciglia, labbra rosse come le bacche e guance che, a un complimento inaspettato, le si colorivano come il melograno maturo.
Non aveva notizie di lei da quando si era trasferito per lungo tempo all’estero per migliorare il suo curriculum di medico. Nessuno era a conoscenza del suo amore segreto per quella ragazza e sua madre non gli aveva mai dato notizia di lei nelle sue lunghissime telefonate. Ma adesso stava tornando, aveva finito di gironzolare per il mondo, voleva finalmente mettere su il suo studio e voleva farlo nel suo paese natio.
Chissà in quanti si sarebbero stupiti nel vederlo adesso. Qualcuno probabilmente non lo avrebbe neppure riconosciuto. Cinque anni sono molti, e il suo peregrinare non solo lo aveva maturato mentalmente ma anche fisicamente. Ora, a ventotto anni, non era più quel ragazzo gracilino, magro e senza muscoli che aveva lasciato Chester.
Adesso era un uomo con un fisico asciutto e ben scolpito, con spalle larghe e gambe tornite; i riccioli ribelli castano scuro che gli coprivano gli occhi avevano lasciato il posto ad un taglio curato che lasciava libero il suo sguardo profondo come le acque dei Finger Lakes i laghi allungati di origine glaciale che sembrano formare le dita di una mano presenti nel Vermont.
Si era fermato in quella caffetteria all’inizio del paese per calmare quell’impellente desiderio di caffè che lo aveva colto, ne era quasi dipendente.
Non aveva fretta, sua madre non lo stava aspettando, lui non le aveva ancora comunicato il giorno del suo arrivo. Voleva farle una sorpresa.
Seduto al tavolino dietro la vetrata che dava sul giardino osservava le foglie degli alberi che cadevano al suolo formando un tappeto dai mille colori caldi come il liquido che stava sorseggiando. Il giardiniere stava tentando di raccoglierle, ma un venticello dispettoso non appena lui ne aveva radunate un po’ soffiava sul mucchio appena formato creando mulinelli di foglie che si libravano nell’aria andando a spargersi nuovamente sul vialetto.
Lo scampanellio della porta annunciava l’arrivo di un nuovo avventore.
«Buongiorno Daila, tutto bene stamattina?»
Quella voce! L’avrebbe riconosciuta tra mille e la risposta della proprietaria del caffè gli confermò quanto il battito accelerato del suo cuore gli stava già dicendo.
Cosa ve ne pare?
Laura
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